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CENNI STORICI SULLA SPELEOLOGIA NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA
La Speleologia, intesa nella sua essenza moderna di branca delle Scienze Naturali,
ha avuto le sue radici nella nostra Regione. Essa nasce nella città di Trieste, a seguito di una serie
di eventi, legati all'incremento demografico nel territorio, durante il XVIII secolo.
Con la proclamazione del Portofranco, voluto dall'Imperatrice Maria Teresa, per la
povera - fino a quel momento - economia triestina inizia un periodo di prosperità che la conduce, nel
corso degli anni, ai più alti vertici economici dell'Impero Austriaco. Lo sviluppo dei traffici marittimi
e di conseguenza il concomitante sviluppo urbanistico creano non pochi problemi alle autorità triestine.
Uno dei primi, e più urgenti problemi, è quello dell'approvvigionamento idrico. Le varie Commissioni Comunali,
nominate allo scopo, ricorrono a numerosi palliativi, tra i quali il ripristino di un vecchio acquedotto e
l'escavazione di pozzi, per ottenere l'acqua necessaria al fabbisogno della città.
Trieste è circondata da un lato dal mare e dagli altri dall'altipiano del Carso triestino.
La morfologia carsica non permette di avere corsi d'acqua in superficie, a eccezione di qualche torrente che
poi scompare nelle cavità carsiche, oppure è di scarsa portata (come nel caso del torrente Rosandra). Alcuni
fiumi percorrono il Carso, come la Piuka e la Reka ma, dopo un percorso su terreni impermeabili, al contatto
del calcare, prendono la strada degli abissi.
È credenza, nel XIX secolo, che all'interno dell'altipiano carsico si trovino numerosi
bacini d'acqua o perlomeno che questo sia percorso da un grande fiume, il Timavo. Tali supposizioni inducono,
nel 1828, la Commissione Comunale incaricata all'approvvigionamento idrico cittadino a prendere in
considerazione - come progetto alternativo - la ricerca dell'acqua nel sottosuolo carsico.
La vocazione speleologica della nostra Regione ha però radici ben più antiche degli studi
ottocenteschi per la ricerca dell'acqua. Il mondo affascinante delle grotte ha sempre attratto numerosi
visitatori; alcuni hanno lasciato anche una traccia scritta - seppur fantasiosa - come il Kircher o il
Valvasor (sec. XVII), i quali illustrano graficamente gli ambienti sotterranei come un mondo popolato da mostri.
Anche il proteo viene descritto come un piccolo drago uscito da questo mondo misterioso. Solamente nel 1768
il Laurenti lo indica come animale appartenente alla fauna cavernicola.
Le grotte - almeno quelle più accessibili - sono visitate a scopo turistico già dall'inizio
del '700. La grotta di Corgnale viene attrezzata turisticamente nel 1707; le famose grotte di Postumia, nella loro
prima parte, conservano sulle pareti le firme di innumerevoli visitatori che le hanno frequentate - a scopo
turistico - già nel XIII e XIV secolo. Nel Friuli, meta di visite è la grotta di San Giovanni d'Antro nel
Cividalese, descritta per la prima volta da Jacopo Valvassone di Maniago nel 1565, ma già menzionata nei documenti
del IX secolo.
Nel XIX secolo l'interesse per questi fenomeni naturali attira a San Giovanni d'Antro numerosi visitatori,
alcuni dei quali, come il Canonico cividalese Gian Giacomo de Portis visita la cavità nella metà dell'800
assieme ad altri due prelati e narra, in una relazione, la sua avventura.
La grotta di Padriciano, vicino a Trieste, viene attrezzata turisticamente nei primi del 1800.
Vi svolge l'attività di guida un oste triestino, certo Joseph Eggenhöffner, che conduce - dietro compenso - i suoi ospiti
a visitare le meraviglie del mondo sotterraneo. Presumibilmente le visite guidate alle "meraviglie del mondo sotterraneo" rendono
molto se il nostro intraprendente oste realizza un carrozzone ambulante, nel quale ha ricostruito l'ambiente di una grotta con tanto
di stalattiti e stalagmiti, e con questo mezzo gira le piazze dell'Impero e propone alla gente la visione di un mondo fantastico.
Nel 1828, un certo Matteo Bilz inizia, per suo conto, a sondare una grotta nei pressi di Orlek (Carso triestino) e
individua tutti quei fenomeni caratteristici che testimoniano la presenza di acque sotterranee: uscita di vapori, rumori, ecc..
Si dedica anima e corpo all'impresa con esposizione di proprio capitale e, tra l'altro, giunge al punto di risiedere in permanenza
sul luogo delle ricerche; deve però recedere dal suo caparbio impegno a causa di dissidi con il proprietario del fondo e
la mancanza di aiuto finanziario da parte del Comune di Trieste. Egli si ritira, nonostante sia riuscito a ottenere risultati che
fanno ben sperare nella riuscita dell'opera. Ben diversi risultati ottiene in questo campo Anton Fredrik Lindner, il quale percorre -
dal 1839 al 1840 - tutto il Carso, da San Canziano alle foci del fiume Timavo. Compie importanti rilevamenti topografici, esegue
sezioni, esplora doline e grotte alla ricerca di acque o fenomeni collaterali che lo fanno sperare in un utilizzo successivo.
Per questo lavoro si serve di operai: i leggendari "Grottenarbeiter". Si deve a uno di questi, Luca Kral, coadiuvato da Antonio Arich,
se il 1841 verrà ricordato, in seguito, come l'anno della scoperta del fiume che scorre nella grotta di Trebiciano: il Timavo.
Naturalmente il merito della scoperta non può che venir ascritto all'impegno costante profuso da Lindner nel suo lavoro di ricerca.
Purtroppo Lindner non sopravvive di molto a quest'anno fortunato e deve anzi, per il breve periodo che gli resta, sopportare l'umiliazione
di non vedersi riconosciuto alcun merito: boicottato e amareggiato muore in povertà senza che alcun segno di riconoscimento lo indichi
ufficialmente ai posteri quale scopritore di un tratto ipogeo della Reka-Timavo.
La grotta di Trebiciano viene minuziosamente studiata e sono eseguite rilevazioni la cui perfezione matematica ancor oggi non trova
confronti; i più grandi studiosi europei si interessano alla sua morfologia, spinti soprattutto da un interesse economico quale
è il possibile sfruttamento dell'acqua che si trova nella grotta. Studi e proposte riempiono le pagine di decine di libri ma non
vengono mai realizzate perché i costi, oltremodo antieconomici, fanno sempre accantonare qualsiasi iniziativa.
La seconda metà dell'800 segna l'inizio di quella che è la nascita della moderna speleologia: esauritasi la
possibilità di sfruttare economicamente le risorse idriche sotterranee, perché il Comune - principale promotore delle ricerche in
grotta, ha provveduto a proprie spese all'approvvigionamento idrico della città - rimane, dopo decenni di studi, questa nuova ma
soprattutto "voluminosa" conoscenza sul fenomeno carsico ipogeo. Sull'onda di questo crescente entusiasmo per la speleologia,
molte persone sono indotte a continuare l'esplorazione di grotte e cavità sul territorio regionale.
Nascono così le prime associazioni speleologiche organizzate. Prima fra tutte, nel 1883, il Comitato delle Grotte
della Società degli Alpinisti Triestini (S.A.T.) seguito, dopo qualche mese, dalla Sezione del Litorale della Società Alpina
Austro-Germanica (D.Ö.A.V.); nel 1884 nasce il Club Touristi Triestini (C.T.T.) in seno al quale, dieci anni dopo, si forma un
Gruppo Grotte. Queste due ultime Società sono di tendenza filoaustriaca mentre la S.A.T., che poi si chiamerà Società Alpina delle
Giulie (S.A.G.), è di tendenza nazionalistica. La S.A.T. viene sempre boicottata dalle autorità austriache che tentano in ogni modo
di ostacolarne l'attività, mentre alle due associazioni filoaustriache è consentito persino di acquisire alcune cavità che vengono
attrezzate turisticamente.
La Sezione del Litorale del D.Ö.A.V. diviene proprietaria delle Grotte di San Canziano e per un decennio dedica a
esse tutto il suo interesse: realizza una serie di sentieri attrezzati, interamente scavati a mano, che destano la meraviglia degli
speleologi di tutti i tempi. Il C.T.T. acquista sul Carso triestino la Grotta Gigante che viene aperta al pubblico nel 1908.
Nel frattempo (1904) nasce anche un'altra Società: lo Slovensko Planinsko Drustvo, di matrice slovena.
Alla fine del secolo si forma il primo gruppo speleologico organizzato in Friuli. Nel 1897 i più validi studiosi di Scienze Naturali
friulani fondano in Udine il Circolo Speleologico Idrologico Friulano. Patrocinato dalla Società Alpina Friulana pubblica le sue
relazioni speleologiche sulla rivista In Alto. Nel 1904 il Circolo inizia la pubblicazione della prestigiosa rivista
Mondo Sotterraneo.
La Prima Guerra Mondiale segna la fine di un periodo per la speleologia regionale. Alla fine del conflitto, con i
favorevoli mutamenti confinari e l'acquisizione di nuovi territori carsici ma soprattutto il fondersi in un'unica entità regionale delle
due principali scuole speleologiche - quella friulana e quella triestina - si hanno quelle premesse che porteranno, nel corso degli anni,
i Gruppi Grotte regionali ai massimi vertici della speleologia mondiale, permettendo loro di raggiungere, negli anni '20, il fondo del
Bus de la Lum sul Cansiglio (-225) e il record di profondità con i -425 m dell'abisso Bertarelli di Raspo in Istria.
Molto di più si sarebbe potuto fare se la fine del conflitto non avesse trovato il Circolo Speleologico Idrologico Friulano
privo dei propri materiali di esplorazione, risultati dispersi, assieme alla biblioteca Sociale. Il Circolo deve iniziare l'attività esplorativa
senza i suoi soci migliori: sono infatti prematuramente scomparsi nel corso del conflitto, Umberto Micoli, Giuseppe Feruglio e quel
Giovan Battista De Gasperi che sarà ricordato per la pregevole opera Grotte e voragini del Friuli pubblicata nel 1916. A causa di ciò la
speleologia friulana, nonostante i migliori propositi, non riesce, purtroppo, a riprendere quell'attività che prima della guerra la poneva
all'avanguardia della speleologia del Regno d'Italia.
All'ascesa della speleologia contribuisce, in maniera determinante l'Amministrazione Italiana, che sull'onda del crescente
nazionalismo scioglie a Trieste le due Società filoaustriache e fornisce mezzi e materiali a quella nazionalistica (S.A.G.), anche
perché lo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano pensa, con l'esplorazione metodica di tutte le cavità del Carso (e quindi la stesura di
un Catasto Speleologico), a un'eventuale utilizzo delle grotte a scopi bellici.
Il risultato di questa enorme mole di lavoro è la pubblicazione da parte di Luigi Vittorio Bertarelli e Eugenio Boegan
del libro 2000 Grotte edito, nel 1926, dal Touring Club Italiano di Milano. Nell'intervallo fra le due Guerre Mondiali nascono numerose
associazioni speleologiche che operano sul territorio; tra le tante ricorderemo l'Associazione XXX Ottobre di Trieste (1918).
Nel 1924 interrompe le pubblicazioni, con grave perdita per la speleologia scientifica, la rivista Mondo Sotterraneo; nonostante
ciò, l'attività speleologica nel Friuli vive, in questo periodo, un'emozionante avventura. Nei primi mesi del 1925 un abitante di
Villanova (Tarcento), Pietro Negro, da un'acuta osservazione occasionale scopre l'ingresso naturale della Grotta Nuova di Villanova;
assieme ad altri abitanti del posto fonda una Società per la ricerca, l'esplorazione e la valorizzazione turistica della grotta:
il Gruppo Esploratori e Lavoratori Grotte di Villanova. Oggi la Grotta Nuova di Villanova è un'attrazione turistica di richiamo ed è
tra le più lunghe cavità del Friuli.
La fine del Secondo Conflitto Mondiale segna, da un lato, la perdita di quasi tutto il territorio del Carso classico e dall'altra
la nascita di numerose realtà speleologiche. In Friuli, nel 1949, rinasce il Circolo Speleologico Idrologico Friulano;
una delle prime importanti esplorazioni sarà la Grotta di Vigant, compiuta assieme a speleologi tarcentini che fonderanno poi
l'Associazione Friulana Ricerche (1972).
Attualmente, nella provincia di Udine, operano - oltre ai due gruppi già citati - l'Associazione Naturalistica
Friulana di Tarcento (1977), il Circolo Speleo-sub Sandanielese "Tane dal Lof" (1985), il Gruppo "Forum Julii Speleo"
di Cividale del Friuli (1986), il Gruppo Speleologico Valli del Natisone (1995) e il Gruppo Speleologico "Michele Gortani"
del C.A.I. di Tolmezzo (1995). I gruppi friulani esplorano e studiano le cavità di alcune aree della regione, come l'altipiano
della Bernadia, le Prealpi Carniche, le Alpi Giulie, il Monte Canin.
Nella provincia di Pordenone troviamo il Gruppo Speleologico Pradis (1966), il Gruppo Speleologico Sacile (1971),
l'Unione Speleologica Pordenonese C.A.I. (1980) nata dalla fusione del Gruppo Speleologico Idrologico Pordenone (1967) e della
Commissione Speleologica Jama (1976). Questi gruppi operano principalmente nelle aree carsiche e nelle grotte limitrofe all'interno
della provincia (Val Cellina, Pradis, ecc.).
Nel goriziano il primo gruppo a sorgere è il Gruppo Speleologico Monfalconese dell'Associazione Nazionale del
Fante (1948) sorto con il compito di recuperare le salme degli infoibati che si trovano sul fondo delle grotte del monfalconese.
Nel 1963 dalla scissione interna di questo gruppo nasce il Gruppo Speleologico Monfalconese "Giovanni Spangar"
Attualmente nella provincia di Gorizia, oltre ai succitati, sono attivi i seguenti gruppi grotte: Gruppo Speleologico "Luigi
Vittorio Bertarelli" del C.A.I. di Gorizia (1961), Gruppo Grotte "Talpe del Carso" di Doberdò del Lago (1972),
il Centro Ricerche Carsiche "Carlo Seppenhofer" sempre di Gorizia (1978), la Società di Studi Carsici "Antonio
Federico Lindner" di Fogliano-Redipuglia (1986) e il Gruppo Speleologico Carsico di San Martino del Carso (1988).
Dal 1986, nella provincia di Gorizia, è stata costituita la Federazione Speleologica Isontina organismo che raggruppa buona parte
dei gruppi della provincia.
A Trieste nel dopoguerra c'è stata una proliferazione di associazioni speleologiche tra le quali ricordiamo
(oltre alle già citate Società Alpina delle Giulie del 1883 e all'Associazione XXX Ottobre del 1918) il Club Alpinistico Triestino (1945),
il Gruppo Triestino Speleologi (1946), il Gruppo Grotte della Società Alpina Slovena - J.O.S.P.D.T. (1952),
il Gruppo Grotte "Carlo Debeljak" (1954), il Gruppo Speleologico "San Giusto" (1954), il Raggruppamento
Escursionisti Speleologi Triestini (1964), la Società Adriatica di Speleologia (1980) e, infine,
il Gruppo Speleologico "Grmada" - J.O. "Grmada" di Malchina (1989).
I gruppi speleologici triestini hanno contribuito in maniera determinante alla conoscenza del fenomeno carsico
(non solo del Carso alle spalle della città, ma di tutta la Regione), scoprendo ed esplorando moltissime cavità in quasi
tutte le aree carsificabili: dal Monte Canin (anno 1963) alle Prealpi Carniche e Giulie fino alle Alpi Carniche (anni '80).
Nel 1985 le associazioni giuliane costituiscono la Federazione Speleologica Triestina con lo scopo preciso di
tutelare gli interessi della speleologia e per salvaguardare le aree carsiche. Nel 1997 viene fondata la Federazione Speleologica
Regionale del Friuli-Venezia Giulia, organismo che, in breve tempo, raccoglie l'adesione della quasi totalità dei Gruppi Grotte regionali.
Attualmente (1999) nella Regione Friuli-Venezia Giulia operano una trentina di associazioni speleologiche legalmente riconosciute
dall'Ente Regione. Oltre seimila, invece, sono le cavità finora scoperte ed esplorate; i loro dati catastali (posizione topografica,
rilievo, descrizione, ecc.) sono depositati presso il Catasto Regionale delle Grotte del Friuli-Venezia Giulia.
Nella tabella seguente vengono riportati lo sviluppo e la profondità (conteggiati in metri) delle cavità presenti in regione.
I dati sono aggiornati alla fine del 1999.
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